Allarme: l’AI di Google minaccia il traffico web e l’editoria

Scopri come l'integrazione dell'intelligenza artificiale nei motori di ricerca sta drasticamente riducendo il traffico web verso i siti di notizie e quali strategie gli editori stanno adottando per sopravvivere a questa rivoluzione.
  • Crollo del traffico: il Wall Street Journal ha subito un calo di oltre il 50%.
  • Utenti distratti: il 70% degli utenti non legge oltre il primo terzo.
  • Click dimezzati: il CTR crolla di due terzi sui computer desktop.
  • Citazioni inutili: solo il 2% degli utenti clicca sui link nell'AIO.
  • Calo ricerche: traffico organico dal 44% al 36,5% per il NYT.

Un punto di svolta per i motori di ricerca e i creatori di contenuti

L’evoluzione dei motori di ricerca, sospinta dall’integrazione di funzionalità basate sull’intelligenza artificiale come AI Overview di Google, sta riscrivendo le regole dell’interazione tra utenti e web. Questa metamorfosi, sebbene ambisca a elevare l’esperienza utente mediante risposte più immediate e complete direttamente nelle SERP (Search Engine Results Pages), sta innescando notevoli ripercussioni sul volume del traffico web e, di conseguenza, sulla notorietà e sui modelli di business online.

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La transizione dai motori di ricerca ai motori di risposta è ormai una realtà. Sistemi di intelligenza artificiale raccolgono e sintetizzano informazioni da svariate sorgenti online per presentare risposte esaustive direttamente nella pagina dei risultati. Questa immediatezza, però, inficia il ruolo tradizionale del motore di ricerca quale tramite verso le fonti originali. In concreto, AI Overview e la Modalità AI generano contenuti autonomamente, senza per forza indirizzare l’utenza verso i creatori originali, confinando i risultati di ricerca tradizionali in posizioni meno rilevanti.

Un report di Similarweb mette in luce una tendenza allarmante per l’industria giornalistica statunitense. Giganti come il Wall Street Journal, HuffPost e Washington Post hanno subito un crollo verticale del traffico organico, con una diminuzione degli accessi che supera il 50% nell’arco di soli tre anni. Questi dati evidenziano l’impatto cruciale dell’AI sul settore dell’informazione, con possibili ripercussioni sulla stabilità occupazionale.

Per contro, questo approccio risulta efficace per informazioni che richiedono soluzioni rapide e focalizzate, ad esempio itinerari di viaggio, ricette o valutazioni di prodotti, ambiti in cui l’utente desidera una risposta immediata piuttosto che un’analisi approfondita delle fonti. Davanti a questo cambiamento di scenario, gli editori stanno vagliando strategie diverse per mitigare gli effetti avversi. Alcuni, come il Wall Street Journal, si affidano alla fidelizzazione dei lettori e privilegiano l’accesso diretto ai propri contenuti. Altri diversificano le entrate tramite eventi e abbonamenti. Una strategia più innovativa consiste nel rimodulare la creazione di contenuti, orientandola non soltanto all’utente finale, ma anche al motore di ricerca, fornendo materiale affidabile per la produzione di contenuti AI.

Eppure, questa trasformazione potrebbe rivelarsi un boomerang per Google. L’azienda ha sempre sostenuto che i produttori di contenuti traggano giovamento dal traffico instradato ai loro siti web tramite la pubblicità. Se l’AI Overview dovesse confutare questa teoria, i gestori dei siti web potrebbero essere meno disposti a concedere a Google l’accesso ai propri materiali senza un compenso concreto, aprendo la strada a una revisione dei rapporti tra i colossi della tecnologia e chi produce contenuti.

L’analisi dei numeri: il crollo del traffico organico e l’illusione della visibilità

Uno studio condotto da Kevin Indig in collaborazione con Eric van Buskirk ha analizzato il comportamento di 70 utenti alle prese con le nuove AI Overviews di Google. I risultati indicano che il motore di ricerca si sta trasformando in una piattaforma di consumo di contenuti senza click, marginalizzando chi scrive, produce e pubblica sul web. La ricerca ha tracciato 400 interazioni reali con AI Overview, registrando scroll, click e reazioni, producendo 408 annotazioni dettagliate e oltre 29 ore di video analizzati.

I dati rivelano che il 70% degli utenti non legge oltre il primo terzo della risposta AI. Il tasso di click (CTR) crolla in modo significativo, di due terzi sui computer desktop, in presenza di un’AI Overview. Un notevole 30% delle interazioni si conclude senza che l’utente raggiunga i risultati tradizionali. I click rimanenti si dirigono principalmente verso piattaforme come Reddit, YouTube, forum, comunità e video. *In buona parte delle sessioni analizzate, l’utente si è limitato a interagire con l’AI Overview, ignorando completamente la sezione dei risultati organici. L’AIO funge da “filtro”, fornendo una risposta immediata e autorevole, e relegando i contenuti originali a un ruolo secondario.

L’idea di diventare una “fonte” ed essere citati nell’AI Overview, sebbene possa conferire prestigio e visibilità al brand, non si traduce necessariamente in visite al sito. Il 75% delle citazioni testuali presenti nelle AIO non indica esplicitamente il nome dell’autore o del sito di provenienza. Essere menzionati in un’AI Overview può apparire un traguardo desiderabile, ma si dimostra una trappola. Il contenuto viene assimilato dall’algoritmo, riformulato, rielaborato e presentato all’utente in forma già pronta. Soltanto il 2% degli utenti ha cliccato più di un collegamento all’interno dell’AIO, rendendo il sito praticamente invisibile.

Per chi dipende dai contenuti, dalla pubblicità e dai risultati misurabili, questa non è una semplice evoluzione, ma un problema strutturale. La visibilità è diventata un miraggio. Sembra di essere presenti, ma in realtà non lo si è. Appariamo nelle risposte, ma nessuno visita il nostro sito. Veniamo menzionati, ma il lettore non ci raggiunge. È un po’ come trovarsi dietro un vetro opaco, inaccessibili. Se l’obiettivo è il posizionamento del brand, la situazione cambia. Una presenza, anche non diretta, può avere un valore, ma solo se l’utente ci riconosce, si ricorda di noi e si fida. In tutti gli altri casi, la SEO diventa superflua: la competizione non è più per la posizione, ma per la riconoscibilità.

Essere citati da Google AI non è un vantaggio, ma un rischio. Google utilizza il nostro contenuto per elaborare la risposta, ma non offre un ritorno. Di conseguenza, ottimizzare per l’AI di Google potrebbe rivelarsi svantaggioso, trasformandoci nei fornitori anonimi di un’intelligenza artificiale che assorbe tutto senza restituire nulla. Secondo lo studio, solo il 19% degli utenti da mobile e il 7,4% da desktop clicca su un link presente nell’AI Overview. L’86% degli utenti ha semplicemente “sfogliato” l’AIO, leggendo solo le prime righe, con una profondità di scroll media del 30%. L’interazione con la risposta AI ha una durata media di 30-45 secondi, sufficiente per accogliere la fiducia, ma non per stimolare un’azione.

Se invece l’obiettivo è affermare un marchio, costruire autorevolezza e lavorare sulla notorietà, allora il contesto è diverso. Avere il proprio nome all’interno di un AI Overview, nella parte iniziale del riquadro, può essere utile. Tuttavia, la visibilità senza un collegamento diretto è un’illusione. Se nessuno giunge al nostro sito, se la nostra identità resta sconosciuta, se non riusciamo a creare contatti, quale utilità può avere questa parvenza di presenza?

Se il traffico non proviene più da Google, è necessario costruirlo altrove. Occorre coltivare una base di utenti direttamente, non semplicemente attrarre “visitatori”. Investire in comunità, liste email, relazioni autentiche. Produrre contenuti che non siano facilmente sintetizzabili dall’AI: opinioni, esperienze personali, analisi critiche. Dobbiamo cercare di essere presenti sulle piattaforme frequentate dagli utenti in cerca di conferme, come forum, Reddit e YouTube. Consideriamo Google un mezzo per aumentare la visibilità, più che una fonte di traffico diretto. La SEO non è morta, ma ha cambiato natura. Ora è una questione di branding, di relazione, di riconoscibilità. Il posizionamento si basa sulla fiducia, non sulla parola chiave. Google non è più un motore di ricerca, ma un motore di risposta. E noi, se non troviamo un modo per mantenere un contatto con chi ci legge, rischiamo di diventare gli autori fantasma delle intelligenze artificiali.

Cosa ne pensi?
  • Google sta minando il web? 🤔 È un'evoluzione necessaria o......
  • Il declino del traffico è colpa solo di Google? 😠 Forse è ora di......
  • L'AI riscrive la SEO: 🤖 branding e fiducia, non solo keyword......

La reazione dell’editoria: tra tagli al personale e nuove strategie di sopravvivenza

Le testate giornalistiche online stanno registrando crolli vertiginosi del traffico web, con alcune pubblicazioni che hanno perso oltre la metà dei visitatori provenienti dai motori di ricerca negli ultimi tre anni. Business Insider ha dovuto ridurre il 21% del personale il mese scorso, attribuendo la decisione a “cali di traffico estremi fuori dal nostro controllo”. La pubblicazione ha subito una contrazione del traffico organico tra aprile 2022 e aprile 2025.

L’introduzione delle AI Overviews di Google, durante l’anno precedente, ha inferto il primo serio colpo al flusso di visitatori tradizionale. Il lancio della AI Mode negli Stati Uniti, il mese scorso, prospetta un’ulteriore intensificazione di questa tendenza, offrendo interazioni simili a chatbot, ma con un numero di collegamenti drasticamente ridotto. William Lewis, editore e amministratore delegato del Washington Post, ha definito questo sviluppo “una minaccia seria al giornalismo che non dovrebbe essere sottovalutata”.

Anche realtà editoriali consolidate, come il New York Times, stanno avvertendo la pressione: la quota di traffico proveniente dalla ricerca organica è calata dal 44% di tre anni fa al 36,5% di aprile 2025. Il Wall Street Journal, pur mantenendo una crescita complessiva del traffico proveniente dalla ricerca organica, ha visto la sua percentuale diminuire, passando dal 29% al 24%. Sherry Weiss, responsabile marketing di Dow Jones e del Wall Street Journal, ha insistito sull’importanza di instaurare un rapporto di fiducia con i lettori e di incrementare il traffico abituale.

The Atlantic sta puntando su un’app ottimizzata, su un numero maggiore di copie cartacee della rivista e su un incremento della partecipazione a eventi dal vivo. Politico e Business Insider stanno ponendo l’accento sull’attivazione del pubblico e sul contatto diretto con i lettori, attraverso convegni e iniziative simili. Parallelamente alla lotta per il traffico, le case editrici si trovano a dover affrontare questioni di copyright legate all’utilizzo dei propri contenuti per addestrare i modelli linguistici di grandi dimensioni. Alcune hanno avviato azioni legali contro startup di intelligenza artificiale, mentre altre hanno stipulato accordi di licenza.

Questa scossa non è soltanto una difficoltà per il settore editoriale, ma anche per Google stessa, la cui leadership nel campo della ricerca è sempre più insidiata dalla corsa all’intelligenza artificiale generativa. Un dirigente di Apple ha confermato in tribunale il mese scorso che le ricerche su Google tramite Safari sono diminuite per la prima volta in vent’anni, indicando che anche il colosso di Mountain View deve ripensare il suo modello di business in un’epoca in cui le risposte immediate prendono il posto dei tradizionali collegamenti. Un soggetto emergente come OpenAI ha sconvolto una situazione consolidata sulla quale forse le grandi aziende si erano adagiate. Ci troviamo in uno scenario totalmente nuovo, successivo all’avvento di ChatGpt, per il quale nessuna delle due compagnie sembra essere completamente attrezzata.*

Oltre la crisi: nuove frontiere per la SEO e la creazione di contenuti

Il calo delle ricerche su Safari, evidenziato da Eddy Cue di Apple, segna un punto di svolta. L’ascesa dei chatbot e delle intelligenze artificiali generative sta cambiando le abitudini degli utenti, soprattutto tra i più giovani, che preferiscono ottenere risposte dirette piuttosto che navigare tra diverse pagine web. Questo cambiamento mette in discussione il dominio di Google e il futuro del web come lo conosciamo.

La Generazione Z, abituata a utilizzare TikTok per cercare informazioni online, ha aperto la strada a nuove modalità di ricerca. L’arrivo di ChatGpt ha accelerato questa tendenza, spingendo Google a lanciare “AI Overview” per competere con le AI generative. Tuttavia, questa mossa rischia di minare le fondamenta del suo impero, costringendola a giocare a un gioco in cui deve subire la concorrenza di una non profit come OpenAI.

Apple, a sua volta, sta affrontando sfide significative. L’accordo con Google, che prevede il pagamento di circa 20 miliardi di dollari all’anno per mantenere il suo motore di ricerca di default su Safari, potrebbe essere interrotto per decisione del giudice. Nel frattempo, Apple Intelligence, la suite di prodotti AI lanciata lo scorso anno, non si è rivelata all’altezza delle aspettative.

Sia Apple che Google si trovano di fronte a una rivoluzione imprevista, che non sono state in grado di guidare. Un underdog come OpenAI ha rotto uno status quo sul quale forse si erano un po’ appoggiati. È un mondo nuovo, quello post-ChatGpt, al quale nessuna delle due aziende sembra essere del tutto preparata.

Navigare nel cambiamento: SEO, branding e la centralità dell’utente

Amici lettori, il panorama digitale è in continua evoluzione e le sfide che stiamo affrontando sono reali e tangibili. Ma non disperiamo! Questo è il momento di reinventarsi, di adattarsi e di trovare nuove strategie per emergere in questo nuovo scenario. La SEO, come l’abbiamo conosciuta finora, sta cambiando, ma non è morta. Si sta trasformando in qualcosa di più profondo, di più umano: branding, relazione, riconoscibilità.

Una nozione base di SEO che rimane fondamentale è l’ottimizzazione per la ricerca semantica. Invece di concentrarsi esclusivamente sulle parole chiave, dobbiamo creare contenuti che rispondano alle intenzioni di ricerca degli utenti, fornendo informazioni utili, pertinenti e di alta qualità.

E per una nozione di SEO avanzata, pensiamo all’Entity SEO. Questa strategia si concentra sull’identificazione e l’ottimizzazione delle entità (persone, luoghi, cose, concetti) presenti nei nostri contenuti, aiutando i motori di ricerca a comprendere meglio il contesto e il significato delle nostre informazioni.

Ma soprattutto, ricordiamoci che al centro di tutto c’è l’utente. Dobbiamo creare contenuti che siano utili, interessanti e coinvolgenti per il nostro pubblico, costruendo relazioni di fiducia e offrendo un’esperienza di valore. Solo così potremo superare questa crisi e prosperare nel nuovo mondo digitale. Riflettiamo su come possiamo creare contenuti che non siano facilmente replicabili dall’AI, contenuti che offrano un valore aggiunto unico e che ci distinguano dalla massa. Il futuro è nelle nostre mani, e con la giusta strategia e la giusta mentalità, possiamo affrontarlo con successo.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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